8/20/2006

Speciale Bancarotta

Speciale Bancarotta

La parola "bancarotta" viene spesso usata male. E' comune sentire qualcuno dire che "tizio è in bancarotta" quando in realtà ciò che si vuol significare è che "tizio non può pagare i suoi conti".In quest'ultima situazione si dovrebbe piuttosto parlare di "insolvenza". L'insolvenza può anche riflettere una situazione in cui il patrimonio di tizio , se non disponibile immediatamente, non è in grado di pagare tutti i debiti di tizio.
Si tratta di un importante distinzione.
Mi spinge a scrivere sulla bancarotta un recente rapporto di Laurence Kotlikoff, economista a Boston. Questo signore giunge a una conclusione : il governo USA è in bancarotta perchè non sarà capace di pagare i suoi creditori, che come egli scrive "sono la generazione attuale e quelle future a cui il governo USA ha esplicitamente o implicitamente promesso pagamenti futuri di vario tipo. A meno che gli USA non cambino radicalmente e velocemente il proprio comportamento fiscale, la bancarotta sarà inevitabile. Il modo opportuno di considerare l'insolvenza di una nazione è quello di esaminare il peso fiscale affrontato durante la vita dalle generazioni attuale e future. Se questo peso eccede le risorse disponibili per queste generazioni, la politica della nazione sarà inostenibile e può portare alla bancarotta nazionale."

Kotlikoff definisce gap fiscale netto, il valore attuale della differenza tra il reddito futuro del governo e le sue spese, calcolato usando le ipotesi più ottimistiche, e senza considerare disastri naturali o guerre.
I numeri che usa sono la somma dei conti che misurano lo standard di vita della nazione: pagamenti per interessi, operazioni governative, previdenza sociale, difesa nazionale, sanità, etc. cioè tutti quegli elementi del bilancio statale che permarranno fino a quando esisterà un governo degli USA. La somma delle passività nazionali calcolata così, raggiunge la cifra di 65 trilioni di dollari (circa il 500% del PIL), e differisce da quella di 87 trilioni che riporto io alla fine di questo Speciale, utilizzando le cifre prese dal sito federalbudget.com.
Ma, gli USA possono considerarsi realmente in "bancarotta"?
Vi sono implicazioni del debito e del potenziale fallimento futuro del governo che vanno al di là del semplice governo che non è in grado di pagare i suoi conti nei tempi promessi (quella che è più corretto definire insolvenza). Vediamo allora di esplorare alcuni termini e di rivisitare un pò di storia.

La costituzione USA richiede espressamente che il Congresso abbia una legge sulla bancarotta; negli USA oggi, la bancarotta è una creazione dello statuto federale noto come "US Bankrupt code", con relative procedure e regole associate. Poichè la bancarotta è un processo governato dalla legge, nessuno può essere definito in bancarotta fino a quando succedono un certo insieme di cose in una Corte americana appositamente nominata.
Quanto avviene oggi negli USA è l'evoluzione moderna di un lungo processo storico.
Fin dai tempi di Roma, il processo per bancarotta ha creato le condizioni per cui una società può bilanciare la necessità di eliminare o moderare il debito di un debitore con la protezione dai creditori a cui il debito è dovuto. In altre parole, la bancarotta è , ed è sempre stata, una forma di accomodamento legalmente sanzionato tra debitore e creditori.
La percezione comune è che con la bancarotta il debitore può evitare di ripagare i creditori.Ma la bancarotta è anche intesa essere un modo con il quale i creditori possono recuperare dal debitore quanto più possibile di ciò che è a loro dovuto. Ovviamente un processo ordinato di bancarotta è necessario per la crescita del commercio, anche se è associato al fallimento finanziario personale e di impresa. Idealmente, attraverso la bancarotta, i debitori possono essere fermati dall'accumulare altri debiti, e i creditori fermati dall'accumulare altri crediti di dubbia qualità. E' importante che le risorse economiche di una nazione vadano ad un miglior uso, in un sistema razionale, rispetto a quello di allungare la agonìa di un cattivo debitore.
Ma la bancarotta viene anche intesa , spesso, come un sistema per consentire al debitore di "ripartire"; questo perchè , in molti casi, i procedimenti possono eliminare gran parte dei debiti. Il che però implica che vi è una perdita irrimediabile da parte dei creditori(vedasi il recente caso della bancarotta argentina).
Le attuali società civili, accettano questa possibilità che spesso viene sfruttata dai debitori in mala fede.

La parola bancarotta viene dal latino: bancus ruptus. Nell'antica Roma, il bancus era un posto nel quale quasi tutte le transazioni venivano condotte, e la relativa moneta scambiata. Un vecchio bancus si può osservare visitando le rovine di Pompei, essendosi mantenuto da due mila anni nonostante le eruzioni. La parola ruptus significa letterlamente rotto, perchè all'epoca quando avveniva il fallimento di questo intermediario, il tavolo veniva proprio rotto.
Con le leggi dell'antica Roma, quando un mercante era in difficoltà finanziaria, i suoi creditori potevano andare dalle autorità locali e affermare di avere dei crediti non pagati; dopo un indagine, l'autorità determinava se il mercante era o non era in grado di pagare i suoi debiti.Se la conclusione era che il mercante non poteva pagare, una parte terza era nominata dai creditori o da un magistrato romano se i creditori non si accordavano. Questa parte terza agiva come un fiduciario, veniva chiamato il curator bonorum (curatore dei beni), e aveva il potere legale di sovrintenedere agli affari quotidiani del mercante; se non vi erano speranze di ritornare alla solvibilità, poteva letteralmente fermarne l'attività appunto rompendogli il banco come dichiarazione pubblica
del suo fallimento: da qui la parola bancus ruptus. Dopodichè il curatore veniva incaricato di disporre delle proprietà del mercante a beneficio dei creditori. Metteva all'asta i beni per ricavarne il massimo, e stabiliva le priorità e le quote, mentre il mercante veniva lasciato con niente e spesso venduto come schiavo insieme con la sua famiglia.
Le radici antiche del concetto e del termine di bancarotta riguardano esclusivamente il fallimento finanziario personale e commerciale. Non ci sono invece radici storiche per il fallimento finanziario di uno Stato sovrano. Quando Alarico e i successivi barbari saccheggiarono Roma, ad esempio, fecero ben più che romprere il banco dei mercanti: ridussero la nazione a brandelli. Pertanto l'uso della parola bancarotta in riferimento ad obbligazioni finanziarie del governo americano può essere non adatto. Sarebbe meglio definire la situazione americana atttuale come insolvenza, ma vediamo ancora un pò di storia.

Roma conquistò le isole britanniche fino alla Scozia e le leggi romane restarono in vigore anche dopo la caduta dell'impero romano. Proprio le procedure di bancarotta nella Bretagna medioevale erano mutuate da Roma. Non risulta per oltre 450 anni che sia stata codificata una legge per la bancarotta dalla giurisprudenza anglosassone; vuol dire che con quella romana si trovavano bene. Nel 1542 in Inghilterra, i creditori imposero il primo statuto moderno per la bancarotta. La legge aveva a che fare con il concetto di spergiuro o di menzogna verso le autorità, e lo statuto aveva lo scopo di prevenire le frodi da parte dei debitori. Il debitore veniva chiamato di fronte un cancelliere su domanda dei creditori, ed era esaminato fin nei minimi dettagli. Se il cancelliere stabiliva che il debitore era incapace di far fronte al credito ricevuto lo mandava in prigione. La legge venne perfezionata nel 1570 durante il regno di Enrico ottavo. La ragione pratica della revisione della legge fu il fatto che le prigioni erano stracolme di debitori, e ciò stava creando un problema nazionale. Così, anche se la pena della prigione restava, furono creati rimedi aggiuntivi, ma alcuni oggi sarebbero considerati barbari: ad esempio si poteva tagliare un orecchio (Shakespeare illustrò questa situazione nel suo magistrale "il mercante di Venezia"). Nel 1705 sotto la regina Anna i debitori potevano anche essere condannati a morte.

La prima legge americana seguì esattamente quella inglese, e fu disponibile fin dai primi giorni della colonizzazione. Lo Stato della Georgia fu fondato come una colonia di "debitori" dove venivano mandati dall'Inghilterra piuttosto che tenerli in prigione. La natura religiosa dei primi insediamenti giustificava ogni sorta di disprezzo per i debitori, in base al famoso verso biblico "il ricco comanda sul povero e il debitore è schiavo del creditore". I debitori insolventi finivano in servitù coatta ai creditori. Il più famoso fu il giovane Benjamin Franklin, che non a caso divenne un sostenitore della necessità di onorare i debiti.
E' interessante chiedersi cosa sarebbe successo nella fase iniziale dell'esplorazione e dello sviluppo del nord america se la Francia avesse seguito analoghe regole in materia di bancarotta. La Francia pure aveva molti poveri e molti debitori insolventi, ma invece di mandarli nel nuovo mondo, li teneva a casa in prigione o li mandava nell'esercito, mandando nei suoi territori oltreoceano preti gesuiti.
In pratica nel 17mo e 18mo secolo l'Inghilterra inviava i debitori disonorati, la Francia preti e qualche colono, con poche donne al seguito. Dopo un secolo di questo diverso modello di immigrazione la Francia si ritrovò a confrontarsi con un popoloso gruppo di gente che parlava inglese,e con floride colonie inglesi a sud dei suoi territori canadesi (Quebec, Ontario) e oltre il Michigan ed il Wisconsin; gli inglesi si espansero fin dentro i territori francesi e quando il conflittò scoppiò (guerra dei sette anni tra il 1756 ed il 1763) , i francesi nonostante si fossero alleati con alcune tribù indiane ebbero la peggio nei decenni successivi: la manod'opera e le risorse inglesi prevalsero su quelle francesi e molti debitori riconquistarono la libertà a fronte dei servizi offerti al re inglese durante il conflitto con i francesi.
Alla fine anche il Canada divenne inglese . Nel 1770 e 1780 la monarchia francese (che si trovava alla vigilia della propria definitiva scomparsa nella madre patria) tentò di supportare i coloni inglesi che nel frattempo si erano ribellati al dominio del re e chiedevano l'indipendenza.
Proprio gli sforzi fatti in america contro gli inglesi contribuirono alla fine della monarchia francese, ed il fatto di aver tenuto i debitori nelle proprie prigioni invece di mandarli all'estero si rivelò un boomerang perchè questi avevano tutto da guadagnare dalla rivoluzione contro la monarchia, che infatti se li ritrovò nelle strade durante il 1789.
La rivoluzione francese fu l'esito del bisogno del governo di contenere il debito pubblico. E fu realmente un esempio dell'antico concetto romano di bancu ruptus. Il debito divenne insostenibile, per gli sprechi della monarchia e per i costi dell'impero, a cui si unì l'errore strategico di tenere nelle patrie galere decine di migliaia di debitori, invece che di usarli come avevano fatto gli inglesi( ma i francesi erano troppo superbi per copiare gli inglesi). Anche Napoleone si trovò in difficoltà di fronte alla mancanza di fondi e alla situazione indifendibile in nord america. Così vendette la Louisiana ai neonati Stati Uniti di America, guidati da Jefferson. Il prezzo fu di 3 cents per acre, una vera e propria vendita in bancarotta.

Ma ora basta con i riferimenti storici, che tanto mi piacciono e mi auguro siano graditi. Torno a bomba al tema iniziale: la situazione debitoria USA che ha già superato il punto dell'insolvenza e che pertanto costringe le autorità a produrre inflazione nel tentativo di ridurne il valore reale.
Infatti quello nominale è impressionante ed è il seguente (dati fine 2005):
Debito del governo federale : 8,2 trilioni
Debito dei governi locali : 1,9 trilioni
Debito della sicurezza sociale(stima): 7 trilioni
Debito sanitario (stima): 37 trilioni
Debito pensionistico federale/ locale(stima): 4 trilioni
TOTALE SETTORE pubblico : 54 trilioni

Debito delle famiglie: 11,5 trilioni
Debito delle imprese: 8,3 trilioni
Debito settore finanziario: 12,5 trilioni
Debito pensionistico privato(stima): 1,8 trilioni
TOTALE SETTORE privato: 33,6 trilioni

TOTALE GENERALE : 87,7 trilioni
di cui Totale debito verso l'estero: 9,3 trilioni
Quest'ultimo totale delle passività finanziarie detenute da stranieri include il 50% del debito federale, il 13% delle azioni il 27% dei corporate bonds, e il 13% del debito delle agenzie governative ipotecarie (ma circa un terzo del debito di Fannie Mae è stato venduto all'estero).
Questi 9 trilioni di debiti con l'estero, aumentano al ritmo di quasi un trilione l'anno e sono quelli che più preoccupano ai fini di una possibile bancarotta , o insolvenza.
Ricordo che il PIL 2005 è a quota 12 trilioni. Ricordo anche che nel 2005 il governo federale ha speso 352 miliardi per i soli interessi sul debito degli 8,2 trilioni e che quest'anno si va verso i 400 miliardi (5% circa tasso medio). Cioè i cittadini americani devono pagare tasse per 400 miliardi solo per ripagare gli interessi sul debito del governo federale, e circa la metà di questi soldi prendono il volo verso l'estero(li intascano, giapponesi, cinesi, etc.). La cifra è enorme ed è seconda solo alla spesa totale per la Difesa che è di poco superiore; ma ad esempio l'istruzione assorbe 61 miliardi, i Trasporti 56, la NASA costa 15 miliardi, e così via.
Non solo, mentre queste cifre potranno essere tagliate, la spesa per interessi potrà solo che aumentare, non tanto perchè aumenta il tasso d'interesse, quanto perchè ogni anno cresce il totale del debito sottostante di circa 500 miliardi l'anno: ed infatti questo significa che i 400 miliardi di interessi del 2006 saranno pagati facendo nuovi debiti per lo stesso importo: è lo schema PONZI o PARMALAT che dir si voglia di cui ho già scritto più volte.
Poichè questa situazione non ha soluzioni, si capisce perchè prima di arrivare a dichiarare una bancarotta che come abbiamo visto per gli Stati non esiste, o una insolvenza stile argentino, gli USA cerchino disperatamente di creare inflazione (e svalutazione del dollaro per quanto concerne l'estero): ad un tasso effettivo del 10% in 7 anni il debito si dimezza in termini reali; naturalmente affinchè il giochino funzioni è necessario che i tassi d'interesse non salgano più di tanto, altrimenti la crescita a palla di neve sarà inevitabile; ed è necessario che i gonzi (i creditori) restino tali per vari anni.